Verso una biografia di Giuseppe Maria Soli, pittore e architetto

Vincenzo Vandelli

I primi anni

Giuseppe Maria Soli (Vignola, 23 giugno 1747 – Modena, 20 ottobre 1822) è senza alcun dubbio, tra luci e ombre, uno degli uomini più lungimiranti di quello straordinario periodo di transizione che va dalla fine dell’antico regime alla Restaurazione. In particolare, si configura come intellettuale di centrale importanza nella diffusione della cultura neoclassica a Modena. Sarà Adolfo Venturi che, nelle sue Le belle arti a Modena del 1878 e ne La R. Galleria Estense del 1883, gli attribuirà il rilievo meritato nell’insegnamento artistico a Modena e nella salvaguardia del patrimonio artistico modenese ed estense, tanto da assegnargli la paternità dell’istituzione della prima galleria d’arte pubblica all’interno dell’Accademia di Belle Arti.

La principale fonte per conoscere le vicende umane e professionali di Giuseppe Maria Soli, pittore e poi soprattutto architetto, rimane ancor oggi la ricca biografia pubblicata da Brignola di Brunnhoff nel 1833. Nel testo sono registrati i passi della vita e della fortunata vicenda professionale di Soli: dalla sua nascita presso una famiglia di contadini, fino alla nomina ad architetto di Ercole III d’Este e successivamente di Napoleone Bonaparte, arrivando infine, con la Restaurazione, alla famiglia d’Austria d’Este.
Nato a Vignola, patria di Jacopo Barozzi, da Giovanni Soli e Maria Bellucci, grazie all’interessamento del locale governatore, l’avvocato Giulio De Nobili, segue il tradizionale iter formativo imparando pittura e disegno presso Frà Stefano da Carpi, senza alcun dubbio uno dei protagonisti della pittura del ducato estense del tempo. Poi, grazie sempre all’interessamento di De Nobili, nel 1758 è presentato al conte Carlo Cesare Malvasia di Bologna, il quale lo accoglie in casa appena dodicenne e lo introduce all’Accademia Clementina, fondata nel gennaio del 1710. Il giovane Soli durante il proprio tirocinio bolognese avrà l’occasione di emergere: nel 1766 ottiene infatti il «Premio di frequenza Fiori» nella sezione di Figura, assegnatogli nell’aprile dello stesso anno e che riceverà anche nel 1768, 1769 e 1770. Nel giugno del 1776 otterrà anche la medaglia di prima classe del «Premio Marsili Aldovrandi», nella sezione di Figure in Disegno con l’opera Fondazione. Bologna da parte di Felsino Re degli Etruschi, disegno ancora oggi conservato negli archivi dell’Accademia. Nei dodici anni passati a Bologna ha come docenti Ercole Lelli, ma soprattutto Carlo Bianconi (1732-1802), intellettuale di forte spessore nell’ambito dello studio dell’antico e della polemica antibarocca.

Terminato il percorso didattico presso la Clementina, nel 1770 Soli lascia Bologna per Roma. Questo trasferimento, con buona probabilità, è dovuto al sostegno della Comunità modenese che, in virtù dei primi provvedimenti di Francesco III d’Este a favore dell’educazione artistica dei giovani sudditi, sovvenziona prima il perfezionamento del pittore Giovanni Mussati e poi quello di Soli. Nel 1771, come risulta dagli elenchi dell’Accademia di San Luca, Soli concorre al Premio Clementino di Pittura di Prima Classe, senza però conseguire alcun riconoscimento. Agli stessi anni, 1771-1774, si vogliono fare risalire, inoltre, i primi progetti architettonici riferiti al campanile della chiesa parrocchiale dei SS. Apostoli Giacomo e Filippo a San Giacomo a Roncole e della Pieve di Nonantola, ambedue nel ducato estense. Giovane dal carattere molto deciso e impulsivo, come ricorda lo stesso Brignoli di Brunnhoff, per conservare la protezione della Comunità, al fine di prolungare la propria permanenza a Roma presso l’Accademia di San Luca, non esita ad inviare a Modena, nel 1773, l’opera Il vecchio Tobia con il figlio e l’angelo, eseguita secondo Brignoli per il marchese Bagnesi, influente ministro riformatore del governo estense, e nel 1775 una prova di profitto raffigurante la Veduta della Piazza Ducale di Sant’Agostino, che ottiene il plauso anche dello stesso vecchio sovrano. Nel 1779 chiede un’ulteriore estensione del soggiorno con proroga dell’assegno, con esiti favorevoli. Accordando la proroga «al giovine Giuseppe Soli studente di Pittura in Roma», viene stabilito l’obbligo dell’invio alla Comunità di «un quadro di sua mano con gli opportuni attestati», come in effetti avvenne nel luglio dello stesso anno con l’opera Archimede. A questi, segue poi la tela Apelle che ritrae Campaspe, trafugata poi dai Francesi a Modena e forse oggi ancora tra le raccolte in deposito al Louvre.
Durante il soggiorno romano, protratto così fino al 1784, perfeziona la propria versatilità pittorica e architettonica attraverso l’attento studio delle «rovine di quei vetusti edifici», tanto da ricevere, probabilmente attraverso l’Accademia, varie commesse. Vanno soprattutto ricordati i dipinti eseguiti su commissione del principe Barberini per la duchessa d’Orleans, da questa poi trasferiti a Parigi; la collaborazione alla decorazione del cosiddetto «appartamento nuovo» allestito in Palazzo Barberini di via Quattro Fontane per Cornelia Costanza Barberini e Giulio Cesare Colonna di Sciarra, principe di Carbognano; la ristrutturazione della cappella gentilizia dello stesso palazzo poi ornata con le Quattro virtù cardinali; la decorazione dell’«appartamento di parata» e di un «gabinetto» in Palazzo Falconieri, ora Accademia d’Ungheria in via Giulia.
Tuttavia, la prima vera impresa architettonica è il progetto per la Chiesa di San Pietro Apostolo a Carbognano (Viterbo) commissionato da Giulio Cesare Colonna di Sciarra principe di Carbognano e consorte della Barberini, incarico deciso mentre Soli attendeva alla decorazione dell’appartamento in palazzo Barberini e che mantenne fino a quando non fu richiamato a Modena. Tra le ultime opere eseguite a Roma prima del rientro in patria, Brignoli segnala anche l’«adattamento del secondo Cortile con altri locali e il Giardino ad uso di Sale da ballo nel Palazzo Gentili in Roma. l’occasione dell’arrivo in quella metropoli delle LL.AA.SS. Ferdinando d’Austria e Beatrice d’Este da Milano». Sempre a questi ultimi anni romani va forse fatta risalire la conoscenza, tramutata poi in profonda amicizia e in proficua collaborazione professionale, con Giovanni Antonio Antolini, nonché il probabile avvicinamento alla massoneria.

Il rientro a Modena

Richiamato dunque, secondo precisi accordi, dal nuovo duca Ercole III per istituire, progettare, organizzare e dirigere la nuova Scuola di disegno poi Accademia d’Arte aperta nell’edificio già del Sant’Uffizio, il trentasettenne Soli rientra in patria anche con il titolo di Accademico Cimentino d’Onore (dal 2 novembre del 1785), nonché di professore della facoltà di Filosofia ed Arti presso l’Ateneo modenese.
La fama e il prestigio personale si consolidano con la costruzione del monumentale ponte di Sant’Ambrogio (1789-93) lungo la via Emilia, sul fiume Panaro: la festosa inaugurazione del ponte, che vide il coinvolgimento dello stesso abate Girolamo Tiraboschi, assunse toni entusiasti perché seguiva la costruzione del ponte anche sul fiume Secchia. Tutto ciò favoriva l’inserimento del ducato nella grande viabilità e nei nuovi circuiti commerciali che gli Asburgo stavano promuovendo proprio negli stati riferiti alla loro cerchia d’influenza.
Successivamente, Soli assunse la progettazione e la costruzione della scenografica Porta Sant’Agostino (1789-1791), voluta quale conclusione non solo degli interventi di raddrizzamento e di abbellimento del tratto urbano della via Emilia e che vide nella direzione dei lavori proprio il già anziano Termanini (ideatore di larga parte di quegli interventi di risanamento), ma anche quella di ultimazione del processo di riforma sociale e urbanistica illuminata che aveva in Largo Sant’Agostino il suo apice. A questa fase particolarmente impegnativa della vita lavorativa del Soli, va con molta probabilità ricondotta anche la commessa ducale del ritratto ufficiale del duca Ercole III, databile al 1793-94, che segna un ritorno alla sua formazione pittorica e a cui seguirà il ritratto del già citato abate Girolamo Tiraboschi, verso cui Soli aveva un grande debito di riconoscenza.

Aderisce fin dall’ingresso dei Francesi a Modena alla Repubblica e assume gli incarichi per l’erezione dei nuovi monumenti «alla libertà» e «alla riconoscenza». È infatti eletto, a norma della costituzione della Cispadana, tra i membri del «Comitato decurionale» insediato per la nomina della nuova Municipalità. Negli stessi mesi del 1796 è inoltre incaricato di far parte della composita commissione nominata per scegliere dipinti del «Grande Appartamento di Corte», da inviare, in ottemperanza dell’armistizio tra la Francia e l’ex duca Ercole III, verso Parigi. In quegli stessi giorni è pure tra gli Accademici Filarmonici che propongono un’accademia, tenuta presso il Teatro Rangoni, in onore del generale Bonaparte, a Modena proprio in quei giorni. Sarà poi incaricato, assieme al discusso Luigi Cerretti, poeta modenese e presidente dell’Accademia di Belle Arti e successivamente Rettore dell’Università delle Belle Arti di Pavia, della conservazione e della salvaguardia delle opere requisite sia dalle collezioni ducali sia dai beni nazionalizzati. Opere, queste, in larga parte trasferite nei locali dell’Accademia delle Belle Arti dove provvide all’allestimento delle prime «Gallerie» espositive arginando in tal modo, e per quanto ciò fosse possibile, molti trafugamenti, manomissioni, trasferimenti e vendite.
È poi tra i principali protagonisti e sostenitori dell’istituzione della Scuola del Genio e dell’Artiglieria, pensata sul modello dell’École Polytecnique, l’unica in Italia e aperta a Modena il 23 settembre 1798; sarà anche il responsabile degli ampi lavori di riadattamento necessari per accogliere il nuovo istituto all’interno dell’ex residenza ducale.
Nel 1801, Giuseppe Maria Soli è chiamato a Milano a far parte della commissione che supporterà Antolini nella creazione del nuovo Foro Bonaparte (insieme a lui sono convocati anche Barabino, Albertolli, Canonica e Bergilli). Sempre in collaborazione con Antolini, è incaricato dal 5 giugno 1805, con atto costituzionale, della gestione di alcune residenze reali, tra cui anche quella modenese. In quello stesso mese, tra il 25 ed il 26, Napoleone in persona, in visita a Modena, decora Soli con la croce della Legion d’Onore.
Nel 1810, su richiesta dello stesso, sostituisce Antolini nella ricostruzione dell’ala della Procuratie Nuovissime in Piazza San Marco, progetto discusso e di difficile realizzazione.
Nel 1814, ormai ultrasessantenne, viene richiamato dalla famiglia arciducale da Venezia a Modena e reinsediato alla carica di «Architetto di Sua Altezza Reale». Il compito del Soli è quello di completare i lavori della residenza ducale nell’obiettivo di ricomporre gli appartamenti precedenti la Rivoluzione; continuerà dunque i lavori mantenendo il gusto neoclassico che ormai caratterizza le principali residenze europee. In quegli anni è anche membro della Commissione d’Ornato di Modena, nonché grande ispiratore del grande piano di riforma urbana della capitale estense, noto come «Piano Generale per il miglioramento dell’Ornato» approvato nel 1818 e, tuttavia, realizzato solo in minima parte. Soli diventa dunque il deus ex machina della Modena della Restaurazione: non c’è quasi nulla che non venga sottoposto al suo esame o ad un suo parere preventivo.
Oltre agli incarichi per enti pubblici assolti assieme al figlio e agli architetti da lui formati presso la riaperta e riordinata Accademia Atestina delle Belle Arti di cui riassume la direzione, riceve anche importanti commesse private e religiose sia nella capitale sia in vari centri della provincia, dove «seppe introdurre lo stile puro e antico, e sostituire alle linee curve, allor dominanti, le linee rette, in sui solo l’occhio riposa».

Muore a Modena il 20 ottobre 1822: i funerali sono celebrati in forma solenne e viene poi seppellito a Vignola. Sarà l’Accademia a tener alta, per decenni, la memoria del suo primo direttore. Ne sono testimonianza gli atti dell’adunanza del 13 maggio 1843 quando, su istanza del celebre Antonio Peretti, viene dato avvio alla galleria degli «uomini benemeriti che dettarono in queste scuole i precetti dell’arte o illustrarono colle opere loro l’Accademia Atestina. Egli (riferendosi al Malatesta) ha voluto dipingere di propria mano l’effige del Cav. Giuseppe Soli, uomo piuttosto della nazione che del paese, e che a gloria nostra possiamo riguardare quasi altro fondatore dell’Accademia Atestina».